Spiace constatare che si usi la legge sulla concorrenza per le riparazioni a regola d’arte dei veicoli per riproporre polpette avvelenate ai consumatori, schiavizzando gli autoriparatori, con un immenso raggiro, questo sì a “regola d’arte”, che partendo dalla “lodevole” intenzione di tutelare la sicurezza degli utenti della strada vuole imporre accordi di “cartello” sulla riparazione dei veicoli incidentati, dirottando le riparazioni in mano alle compagnie, con una trasparenza a parole cui non segue alcun fatto, senza alcuna riduzione delle polizze e trasformando il settore delle autoriparazioni in imprese terziste al servizio delle multinazionali.
E’ ormai chiaro che l’iniziativa di un tavolo parallelo a quello insediatosi presso il Ministero dello Sviluppo Economico, promossa in primo luogo da Confartigianato e che si sta trascinando dal settembre dello scorso anno, tutto vuole fare meno che elaborare linee guida per le riparazioni a regola d’arte realmente condivise con tutte le associazioni dei consumatori del CNCU.
La realtà, infatti, è che a nulla sono valsi gli appelli dell’Associazione Familiari Vittime della Strada, le comunicazioni del Ministero del Lavoro, i ripetuti inviti dei consumatori ad aderire a criteri di apertura, trasparenza e a metodi di confronto conformi alla costruzione di normative tecniche.
Le Confederazioni Artigiane guidate dalla associazione degli Autoriparatori di Confartigianato, sono addirittura rimaste sorde al preciso invito del Vice Ministro allo Sviluppo Economico Dario Galli, per arrivare, come dimostrano i testi sin qui da loro elaborati, ad un accordo consociativo dal sapore anticoncorrenziale con la Confindustria delle Imprese Assicuratrici, l’ANIA, dimenticandosi fra l’altro che oltre dieci anni fa un simile canovaccio fu disdettato a seguito dell’intervento dell’Antitrust.
Il tema centrale e unico del tavolo voluto dalla legge è quello di come le automobili devono essere riparate, ma viene continuamente rinviato a fumosi ed ulteriori osservatori e commissioni senza nulla dire su perché e come sostituire le parti danneggiate di un veicolo, come ripristinarle e infine come assicurare che il tutto sia stato eseguito con il massimo della professionalità e cioè a regola d’arte.
Si prendono in giro i danneggiati che non potranno in realtà mai conoscere quali sono gli indicatori “oggettivi e riscontrabili”, come la legge richiede ed impone, utili a comprendere con quali standard è riparata la loro auto.
Ania e le associazioni degli autoriparatori delle confederazioni artigiane facciano quindi pace con se stesse e decidano se condividere con le associazioni dei consumatori linee guida puntuali e trasparenti sulla riparazione dei veicoli o consegnare, come pare vogliano fare, le chiavi delle imprese artigiane all’oligopolio assicurativo esistente in Italia con fantasmagorici accordi sul risarcimento dei danni che riducono i diritti dei danneggiati, così come stabiliti dalla normativa in vigore; sappiano, in questo secondo caso, che sarà fatto tutto ciò che è nelle prerogative dei consumatori per impedirlo.
Tale comportamento inoltre pregiudica alle radici la chiara volontà del legislatore di aumentare la sicurezza stradale e quindi la qualità delle riparazioni.
E’ infatti bene precisarE che ci si riferisce a un settore dove in un anno sono avvenuti oltre due milioni e mezzo di incidenti, vi sono state oltre 2.500 vittime della strada, 125.000 feriti e quasi cinque milioni di veicoli da riparare.
L’ANIA e le confederazioni artigiane si stanno assumendo una grave ed epocale responsabilità: quella di evitare che le conseguenze di un incidente possano essere aggravate in modo drammatico a causa dell’utilizzo di automobili non ben riparate.
Le confederazioni artigiane anziché farsi paladine della riduzione del contenzioso, materia che non è di loro competenza ma attiene ai diritti dei danneggiati, si informino e sappiano che:
secondo i dati ANIA (l’Assicurazione Italiana 2017-2018, pagg. 155) nel periodo che va dal 2012 al 2017, ovvero in sei anni di esercizio, su un ammontare complessivo di raccolta premi di novanta miliardi di euro, sono stati realizzati oltre nove miliardi di utile, pari ad una remunerazione del 10%: un record mondiale di redditività nel settore RC auto!
gli oneri relativi ai sinistri si siano ridotti dagli oltre quattordici miliardi del 2011 ai circa dieci miliardi del 2017, con un risparmio del 30% sui costi dei risarcimenti.
La frequenza sinistri del 6,16% nel 2017 è meno della metà rispetto ai venti anni precedenti, riconducendo il nostro paese a una sinistrosità equivalente a Francia, Germania e Spagna, pur avendo l’Italia un tasso di motorizzazione sensibilmente più elevato e una rete stradale non priva di numerosi black-point.
Si liberino quindi le confederazioni artigiane da quella che sembra essere una specie di sindrome di Stoccolma nei confronti delle assicurazioni, un atto di genuflessione che oltre a colpire i consumatori rischia di mettere a soqquadro la parte sana del mondo dell’artigianato, quella che investe in attrezzature, sicurezza e tutela del cliente.
Le linee guida per le riparazioni a regola d’arte siano elaborate nell’effettivo interesse della sicurezza stradale e non per inciuciare a danno dei consumatori!