A cura di ADUSBEF
Alla fine del 2022 era sorta la polemica legata all’ uso del POS (Point of Sale), lo strumento elettronico di pagamento che ormai troviamo praticamente in tutti i negozi, come strumento alternativo del denaro contante. Da una parte non si riteneva giusto obbligare i commercianti ad accettare i pagamenti digitali, dall’ altra, i sostenitori delle transazioni digitali invece favorevoli all’ obbligo (peraltro già esistente).
I critici dell’ obbligo all’ uso del POS ponevano l’ accento soprattutto sulle alte commissioni bancarie che gli esercenti devono pagare per permettere ai loro clienti di svolgere le transazioni con il POS.
In effetti questo sembra essere uno dei problemi più grandi in fatto di mezzi di pagamento digitali; a tal proposito, vale la pena di citare uno studio di Confesercenti che ha stimato in 5 miliardi di euro il costo delle transazioni elettroniche per le imprese.
Per completezza di informazione va ricordato che secondo un’indagine della Banca d’Italia del 2020, ricevere un pagamento elettronico costerebbe meno del pagamento in contanti per l’esercente.
Rispetto all’importo della vendita, sui contanti il costo medio per il negoziante è dell’1,1 per cento (per problemi di conservazione, di sicurezza, di trasporto, di assicurazione, necessità di recarsi in banca per il versamento ecc.) mentre con un pagamento via carta o smartphone questa percentuale si riduce allo 0,65 per cento.
Ricordiamo inoltre che molti fornitori di servizi hanno azzerato le commissioni per pagamenti di piccoli importi; PagoBancomat, ad esempio, ha azzerato le commissioni fino a 5 euro fino alla fine del 2023. Non è esclusa una riproposizione dell’offerta da parte di PagoBancomat.
Comunque, il governo ha deciso di intervenire e lo ha fatto inserendo una normativa all’ interno della legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 29 dicembre 2022); in particolare, l’ art. 1, commi 386 e 387 intervengono in maniera molto concreta per cercare di contenere i costi delle commissioni. Infatti la legge stabilisce che entro il 1 marzo 2023 deve costituirsi, con decreto del Ministero dell’ Economia, il tavolo delle categorie interessate che ha come scopo trovare soluzioni per mitigare il costo delle commissioni per le transazioni elettroniche sotto i 30 euro per gli esercenti che, nell’anno d’imposta precedente, abbiano conseguito ricavi e compensi non superiori a 400.000 euro.
Il tavolo in oggetto ha avuto un ulteriore mese di tempo (fino al 31 marzo) per trovare un accordo; nel caso in cui l’accordo non si trovi, interverrebbe una sorta di “punizione”, ossia i prestatori di servizi di pagamento elettronici e i gestori degli schemi di pagamento dovranno versare il 50% dei loro utili derivanti dalle transazioni inferiori a 30 euro a un fondo che servirà a mitigare i costi che devono sostenere gli esercenti i cui ricavi nell’anno d’imposta precedente non siano superiori ai 400.000 euro, per le transazioni inferiori a 30 euro.
Ebbene, il termine del 31 marzo è stato ormai superato; restiamo in attesa delle decisioni perché, ad oggi, il tavolo non ha ancora prodotto alcun accordo; e, almeno per il momento, neanche si prevede che venga introdotta la “tassa” del 50% degli utili per i gestori dei servizi di pagamento di cui si parlava pocanzi. Pare, invece, che il Ministero dell’ Economia, punti ad arrivare all’ accordo in tempi brevi cercando di evitare la “punizione”. Bisogna comunque sottolineare il fatto che finora si è aggirata la norma che prevede la “tassa punitiva”.
La prossima convocazione del tavolo è prevista per il 20 aprile.
Sarà nostra cura aggiornare circa ogni iniziativa in materia.