Esame delle decisioni dell’Antitrust e dei giudici amministrativi sulle pratiche scorrette di alcune società
Come è noto, il codice del consumo vieta le pubblicità che contengono informazioni errate (o omettono di fornire notizie importanti) sui beni o servizi offerti, al fine di indurre il consumatore ad effettuare una scelta che altrimenti non avrebbe fatto.
In questa scheda vogliamo analizzare alcuni esempi di pratica scorretta, sanzionati dall’Autorità garante della concorrenza, che riguardano l’utilizzo “disinvolto” di marchi e denominazioni di concorrenti ovvero affermano l’esistenza di omologazioni e brevetti che in realtà non esistono.
Un primo gruppo di casi riguarda la tutela del marchio, così come garantita dal codice del consumo, che contrasta le pubblicità degli operatori che usano una denominazione uguale o simile a quella di un’altra impresa dello stesso settore, perché questi messaggi possono confondere i consumatori 1.
Per quanto riguarda i prodotti alimentari, l’Antitrust, sulla base delle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato 2, ha deliberato nel 2006 l’interruzione della pubblicità di delle confezioni di olio dell’Azienda Olearia del Chianti e la modifica delle etichette poste sulle confezioni stesse, in quanto l’impiego del termine “Chianti” (dove aveva sede lo stabilimento dell’azienda), senza indicazioni precise sulla provenienza delle olive, poteva ingenerare confusione con i prodotti del Consorzio Chianti classico: solo questi ultimi infatti utilizzavano olive raccolte nella zona del Chianti e rispettavano le procedure previste per l’impiego del marchio Dop (Denominazione di origine protetta) 3. Più di recente, l’Agcm ha sanzionato la società Acetaia Dodi perché la dizione utilizzata per promuovere il prodotto “Tradizioni reggiane” non chiariva le differenze con l’aceto balsamico naturale di Reggio Emilia, che gode della qualifica di prodotto DOP. Anche in questa occasione è stata disposta la modifica dell’etichettatura 4.
Nel campo dei servizi, si può ricordare il caso dell’impresa di pompe funebri Massimo Dall’Olio, che pubblicizzava la propria attività utilizzando in particolare il nome e i caratteri grafici di un’impresa concorrente, creando confusione sull’identità dell’operatore e inducendo in errore i clineti interessati. La decisione dell’Agcm è stata confermata dai giudici amministrativi 5.
Va ricordato infine l’utilizzo di un marchio senza aver ottenuto l’autorizzazione da parte della società interessata 6: un esempio è quello delle società del gruppo Home service, presentate come fornitori di servizio di assistenza di importanti case di elettrodomestici (Miele, Zerowatt,Candy etc), inducendo i consumatori a pensare che si trattasse di società specializzate nella manutenzione di tali prodotti senza però averne l’autorizzazione. L’Agcm, oltre ad una forte sanzione pecuniaria, ha disposto la pubblicazione di una rettifica 7.
Un secondo gruppo di casi riguarda le pubblicità che parlano di “prodotti omologati”, senza che tale omologazione ci sia realmente. L’Antitrust è intervenuta molte volte per sanzionare questo tipo di pratica scorretta. Nel 2009, ad esempio, sono state multate società che producevano o commercializzavano caschi per moto non conformi alla normativa europea, con gravi rischi per chi li aveva acquistati (vedi scheda Assoutenti news ). Sempre in tema di sicurezza stradale, va ricordata la pronuncia del 2010 contro la pubblicità delle “calze da auto Autosock”, presentate come sostitutive delle catene da neve, in contrasto con quanto afferma la normativa italiana 8.
Un terzo gruppo di casi che qui vogliamo ricordare riguarda l’utilizzo indebito della dizione “prodotto brevettato”. L’Antitrust ha ribadito in più occasioni che non è legittimo parlare di “brevetto” quando l’iter presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi non si è concluso 9 o, addirittura, la domanda non è stata ancora presentata 10. Nella recentissima pronuncia riguardante le apparecchiature elettromedicali della Nova Vision, l’Agcm sottolinea che descrivere impropriamente un prodotto come brevettato serve ad attribuire un qualcosa in più al prodotto stesso (brevetto come “indice della innovatività”) al fine di attrarre soggetti interessati all’acquisto dei macchinari 11.
Anche per queste pratiche scorrette vale la consueta raccomandazione di segnalare i casi analoghi a quelli sopra descritti di cui venite a conoscenza, telefonando al numero verde istituito dall’Antitrust (800166661) o scrivendo ad Assoutenti ([email protected]).
23 ottobre 2010 (aggiornamento del 16 luglio 2012)
1 L’art. 21, comma 2, lett. a) vieta “una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita”.
2 Vedi la sentenza del Tar del Lazio n. 6292 del 2004 e la sentenza del Consiglio di Stato n. 660 del 2006.
3 Procedimento PI6609 – provvedimento 18168 del 2008 ed il successivo procedimento IP52 – provvedimento n. 20048 del 2009, con il quale è stata disposta una sanzione aggiuntiva per inottemperanza.
4 Procedimento PI5289 – provvedimento 15770.
5 Procedimento PS5149 – provvedimento 18548 del 2008, le sentenze del Tar n. 4139 del 2009 e n. 4159 del 2012 del Consiglio di Stato; vedi anche il procedimento IP45 – provvedimento n. 20294 del 2009, con il quale è stata disposta una sanzione aggiuntiva per inottemperanza.
6 L’art. 23, comma 1, lett. b) del codice del consumo vieta l’esibizione di “un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione”.
7 Vedi il procedimento PS3828, provvedimento 21464 del 2010.
8 Vedi il procedimento PB277, provvedimento 21443.
9 Cfr. il procedimento PB350 – provvedimento n. 20984 del 2010 (Cerim – pubblicità macchine per calzature).
10 Vedi il procedimento PI5205 – provvedimento n. 15683 del 2006 (Milk shake).
11 Cfr. il procedimento PB575 – provvedimento n. 21616 del 2010.