Analisi della giurisprudenza dell’Antitrust e dei giudici amministrativi
In questa rubrica abbiamo passato in rassegna diverse forme di pubblicità ingannevole, in grado di condizionare le scelte dei consumatori attraverso informazioni false od incomplete.
Esiste però anche un modo diverso per propagandare prodotti o servizi, la c.d. pubblicità occulta, che è molto insidiosa perché il messaggio pubblicitario è difficilmente riconoscibile e l’utente può essere così più facilmente ingannato, perché meno “preparato” e “vigile” rispetto a quanto avviene di fronte ad una campagna pubblicitaria vera e propria (uno spot, un annuncio all’interno di una rivista o di un quotidiano, un volantino etc).
La legge italiana ha stabilito da molto tempo il principio che la pubblicità deve essere “trasparente” 1 e l’Antitrust ha sempre condotto un’azione molto incisiva per contrastare questo fenomeno, nella forma sia della “pubblicità redazionale” (dove il messaggio promozionale è camuffato sotto la veste di un servizio giornalistico o di una pubblicazione scientifica) sia del c.d. “product placement” (quando un prodotto o un marchio vengono ripetutamente citati o ripresi all’interno di un film o di una trasmissione televisiva proprio per pubblicizzarli in modo occulto).
Come vedremo, non è affatto semplice valutare in concreto i casi di pubblicità occulta ai danni del consumatore: la legge non vieta la mera proposizione di un prodotto o di un marchio, né impone di renderlo irriconoscibile e ciò al fine di salvaguardare la libertà di espressione dei giornalisti e quella degli autori di un opera cinematografica o televisiva. Ed infatti in alcune occasioni Tar e Consiglio di Stato hanno accolto i ricorsi delle società sanzionate dall’Agcm. Nel corso del tempo, proprio grazie alla giurisprudenza dell’Autorità garante della concorrenza e dei giudici amministrativi, sono stati precisati i principi che consentono oggi di individuare in modo più efficace se e quando ricorre una fattispecie di pubblicità non trasparente.
Cominciamo dai casi di pubblicità redazionale.
Negli anni ’90 l’Antitrust, nel sanzionare le pubblicità non trasparenti su quotidiani e riviste, imponeva spesso anche la pubblicazione, sullo stesso giornale o periodico, di un estratto della decisione dell’Agcm (come nel caso dell’opuscolo allegato ad una rivista della Mondadori in cui si pubblicizzavano surrettiziamente le pensioni integrative della Mediolanum 2) oppure di una vera e propria rettifica (vedi la delibera sulla pubblicità di prodotti di profumeria e di abbigliamento della Grigio perla all’interno della rubrica “Salute” del settimanale Oggi), da pubblicare in un successivo numero del periodico, nella quale si specificava che gli articoli in questione erano in realtà una forma di pubblicità occulta 3. E’ importante evidenziare che i giudici amministrativi, nel confermare la giustezza delle decisioni dell’Autority, hanno sottolineato la discrezionalità dell’Agcm sui tempi e modalità della pubblicazione della rettifica e la legittimità di imporre la rettifica stessa anche a distanza di tempo dalla cessazione della pubblicità: una rivista, infatti, può rimanere a disposizione dei lettori per lungo tempo e la rettifica rappresenta comunque uno strumento utile a sensibilizzare l’opinione pubblica su queste forme non lecite di pubblicità 4.
Negli anni scorsi l’Antitrust è ricorsa soprattutto a sanzioni pecuniarie. Ad esempio, nel caso di un articolo pubblicato nell’inserto “Speciale benessere” della rivista Class nel 2005, dal titolo “Le migliori da Nord a Sud”, l’Agcm ha ritenuto che le recensioni di alcuni hotel e beauty farm costituissero pubblicità non trasparente, decidendo multe per complessivi 93.000 euro, ripartite tra la casa editrice della rivista e gli operatori turistici ivi citati; il Tar ha successivamente confermato l’orientamento dell’Agcm 5. Interessante è anche il caso della 3M Italia, sanzionata per aver promosso, sotto l’apparenza di una informazione scientifica (I Quaderni tecnico scientifici), alcuni prodotti di segnaletica stradale verticale. Una recentissima sentenza Tar ha ribadito che la natura promozionale del messaggio deve essere chiara: ricorrere ad un’apparente informazione neutrale e disinteressata costituisce una pratica scorretta in quanto volta a attribuire pregi al prodotto carpendo la buona fede del consumatore 6.
Ci sono molti casi di pubblicità occulta nell’ambito di trasmissioni televisive. Si può citare, ad esempio, il ripetuto invito ai telespettatori ad acquistare una rivista sportiva nel corso della telecronaca di alcune partite di calcio presso uno dei canali di Mediaset: l’Autority ha giudicato non trasparente questa forma di pubblicità, sottolineando l’assenza di qualsiasi differenzazione di questo messaggio dal resto del programma 7. Analogamente, l’Agcm ha giudicato pubblicità occulta la promozione della medesima rivista (e di un DVD ad essa allegato, dedicato al pilota Valentino Rossi) nel corso della telecronaca di una gara del mondiale per moto, sempre sulle reti Mediaset, senza che questa notizia avesse alcun collegamento diretto con la cronaca stessa 8.
Un caso interessante è quello di una trasmissione della domenica pomeriggio di Rai uno, dedicata all’attentato dell’11 settembre 2001, nel corso della quale erano presenti responsabili e studenti dell’European school of economics (ESE); l’intervistatore si soffermava a lungo e con un’enfasi particolare sulla qualità dei servizi resi da questo Istituto e sulle prospettive occupazionali che esso poteva garantire: l’Agcm ha giudicato il tenore di tali interviste artificiale e non adeguato al tema della trasmissione, e che questo tipo di presentazione faceva presupporre la volontà di pubblicizzare in forma non trasparente l’attività dell’European school università, qualificata tra l’altro come “Università”, pur non rilasciando titoli aventi valore legale in Italia (su quest’ultimo aspetto clicca qui ) 9.
Da citare anche due altre pronunce dell’Antitrust sulla pubblicità occulta effettuata sul sito internet di Mediaset e su una rete televisiva dello stesso gruppo, in quanto nell’ambito del programma “Fornelli in crociera” si esprimevano giudizi molto lusinghieri sulle navi da crociera Costa, realizzando così una campagna promozionale occulta a favore di questo marchio 10.
Per completare il quadro, è utile ricordare infine una pronuncia dell’Autorità garante delle comunicazioni del 2004, che ha diffidato la Rai per la pubblicità occulta di un libro di Bruno Vespa avvenuto all’interno della trasmissione “Quelli che il calcio” a seguito della insistita e non giustificata ripresa della copertina del libro medesimo 11.
Passiamo ora al product placement.
Andando molto indietro negli anni, si può ricordare una decisione del 1995 dell’Agcm in merito ad un film (“College”) nel quale compariva ripetutamente un pacchetto di una nota marca di sigarette. L’Antitrust aveva ritenuto che non sussistessero particolari esigenze artistico – narrative alla base di tali ripetute inquadrature, che apparivano invece finalizzate a puro scopo promozionale, e aveva perciò vietato l’ulteriore diffusione del film. Il Tar del Lazio non aveva condiviso la decisione dell’Agcm, ma era stato poi smentito dal Consiglio di Stato il quale, anche in assenza di prova, riteneva possibile ricostruire in via indiziaria il carattere occulto della pubblicità, sottolineando in particolare “l’innaturalità con cui il pacchetto di sigarette veniva esibito e …l’estraneità del messaggio rispetto al contesto” 12.
Un altro caso interessante di aggiramento del divieto espresso di pubblicità per i prodotti da fumo riguarda un servizio fotografico su articoli di abbigliamento pubblicato su una rivista: in alcune foto compariva un pacchetto di sigarette Marlboro senza che ciò fosse giustificato da esigenze narrative. Il Tar ha successivamente respinto il ricorso della Philip Morris 13.
Nel 1998 l’Antitrust ha sanzionato due volte la Rai per pubblicità occulta. La prima riguarda la trasmissione “Quelli che il calcio”, nel corso della quale venivano ripetutamente inquadrate le camicie di una nota casa di moda, citando più volte il nome dello stilista Versace, senza che ci fosse una connessione diretta e necessaria con il dialogo tra gli ospiti presenti nello studio. Il Tar ed il Consiglio di Stato hanno confermato la decisione dell’Agcm: il tono umoristico della trasmissione non esclude la volontà di pubblicizzare in modo occulto il marchio, perché – al contrario – può rendere i messaggi pubblicitari “ancora più subdoli per il pubblico dei telespettatori” 14. Il secondo caso riguarda l’inquadratura prolungata ed in primo piano dell’etichetta dell’acqua minerale Lete all’interno di un programma di prima serata, senza che ci fosse alcun collegamento con le interviste in corso 15.
Nel 2006, l’Autority ha esaminato il caso della telecronaca di una partita di calcio effettuata da Sky, nel corso della quale i due commentatori sportivi indossavano a bordo campo un giubbotto con la scritta Adidas e ha sanzionato la rete televisiva e la società di abbigliamento con una multa complessiva di 92.200 euro. Il Tar ed il Consiglio di Stato hanno respinto i ricorsi ribadendo il principio in base al quale, anche in assenza della prova che tale pubblicità sia stata effettivamente commissionata dalla ditta di abbigliamento, per configurare una pubblicità occulta sono sufficienti indizi precisi, gravi e concordanti; nel caso specifico le riprese prolungate, il marchio ben evidenziato, l’attinenza del marchio dell’azienda al carattere sportivo della manifestazione ed i rapporti commerciali di sponsorizzazione per altri programmi 16.
Sempre nel 2006, sono state sanzionate La 7 Televisione e Seat Pagine gialle per un servizio giornalistico, all’interno del telegiornale, nel quale l’operatore si soffermava in modo prolungato su un cartellone pubblicitario delle Pagine gialle (12.40. Pronto Pagine bianche), senza alcuna connessione logica con il tema trattato nel servizio, ma in presenza di rapporti commerciali tra Seat e La 7 riguardanti proprio la promozione del servizio 12.40. Il Tar ha confermato la pronuncia dell’Agcm 17.
Il caso più recente esaminato dall’Antitrust riguarda le trasmissioni “Buona domenica” e “Pomeriggio cinque” trasmesse su Canale 5, nel corso delle quali alcuni ospiti indossavano capi di abbigliamento e ne mostravano insistentemente il logo. L’Agcm ha ritenuto di sanzionare sia la società Gielle (che opera nel settore dell’abbigliamento) che la rete televisiva (quest’ultima per omesso controllo, in particolare con riferimento alle parti registrate, e per non avere comunque evidenziato agli spettatori il carattere promozionale della trasmissione) per un ammontare complessivo di 90.000 euro. Il Tar del Lazio, esaminando il ricorso della rete televisiva, ha confermato il giudizio di pratica scorretta, ritenendo peraltro giusto ridurre la sanzione per tener conto delle difficoltà di intervento nelle parti del programma che si svolgevano in diretta 18.
Assoutenti continuerà a seguire con attenzione l’evolversi della giurisprudenza dell’Antitrust e dei giudici amministrativi in questo campo, anche alla luce dell’art. 15 del decreto legislativo n. 44 del 2010 che ha ridisciplinato la materia di product placement (leggi scheda Assoutenti ).
20 novembre 2010 (aggiornamento del 27 giugno 2011)