Fake news, il reato è dietro l’angolo. I rischi che corriamo, le regole da seguire

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cosa rischiamo a condividere fake news

Domandarci (prima di fare click e condividere compulsivamente!) se quello che abbiamo appena letto sia vero o sia falso, potrebbe essere la prima regola da seguire per tutelarci dai rischi delle fake news. Sì, perché i primi a rischiare potremmo essere noi, ritrovandoci quasi senza saperlo a commettere un reato o un illecito.

Mentre si dibatte sull’opportunità o meno di una legge ad hoc che regoli e sanzioni il proliferare di notizie false, bufale e discorsi dell’odio, il nostro ordinamento già prevede diverse fattispecie di reato in cui possono ben rientrare i comportamenti degli odiatori online e di chi produce e dissemina informazioni false.

Creare o condividere fake news, c’è differenza?

Una prima differenza esiste naturalmente tra chi genera/immette contenuti falsi nel web e chi si limita a condividerli. Più grave è sempre la posizione di chi fa parte della prima categoria, poiché chi condivide potrebbe semplicemente non essere a conoscenza della falsità della notizia. Certo, buon senso e ragionevolezza dovrebbero sempre portarci a fare una verifica, tuttavia in termini di legge l’utente che condivide una bufala corre meno rischi di chi l’ha creata. Un po’ più delicata si fa la sua posizione se, oltre a condividere, l’utente aggiunge commenti e opinioni: in tal caso il suo comportamento potrebbe configurare le stesse fattispecie di reato di chi ha per primo generato la notizia falsa. Vediamo di che cosa si tratta.

Dentro la fake news. Diffamazione, truffa, procurato allarme

Come ben riassume Agenda Digitale in un articolo dello scorso marzo, diversi articoli del nostro codice penale inquadrano con precisione il comportamento di chi crea e diffonde fake news.

Diffamazione

La diffamazione, anche quella attraverso fake news, è perseguibile sia in sede penale che in sede civile.

Secondo l’art 595 del codice penale Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro”.

Quando con una notizia falsa si colpisce negativamente la reputazione di una persona o di un’azienda, si può inoltre incorrere in conseguenze dal punto di vista civile, poiché chi è stato danneggiato può aver titolo a chiedere un risarcimento.

Procurato allarme e abuso della credulità popolare

In questo caso gli articoli che parlano chiaro sono due. Iniziamo dall’art. 658: “Chiunque, annunciando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da dieci euro a 516 euro”.

Il procurato allarme è penalmente rilevante in tutti quei casi in cui ad “allarmarsi” sia una pubblica autorità. Anche l’abuso della credulità popolare (art. 661) è punito come tale se idoneo ad ingannare la generalità del pubblico: “Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è soggetto, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000”.

Truffa

Quando la condotta “ingannatrice” non è rivolta alla generalità del pubblico, ma a un soggetto determinato, si tratta del più grave reato di truffa.
Si tratta dei casi in cui la notizia falsa procura un ingiusto profitto e, contemporaneamente, danno per qualcuno: l’articolo da richiamare è il 640, che recita così:
“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032. (….)”

Ci sono poi altri articoli che possono essere richiamati, per casi diversi, ma sempre relativi alla diffusione di informazioni non vere: il reato “dietro l’angolo” in quel caso può essere la distorsione del mercato (art.501), o quello di concorrenza sleale (art. 2598).

Riconoscere e combattere le fake news: le regole

Con le notizie false, dunque, non si scherza: l’impatto che una campagna di disinformazione può avere sulle nostre vite oggi è devastante, Ognuno di noi può diventare parte di questo meccanismo moltiplicatore con un semplice click.

Che fare allora? Mentre in Europa partono proprio in queste settimane i primi esperimenti di autodisciplina di colossi come Facebook e Google, e mentre i professionisti dell’informazione si dotano di strumenti sempre più sofisticati per controllare e verificare le proprie fonti, anche noi possiamo fare la nostra parte seguendo alcune regole prima di condividere (e magari commentare appassionatamente!) un contenuto che ci è capitato di leggere.

Un po’ di scetticismo: “Sarà vero?”

Prima di tutto, siamo scettici. Domandiamoci sempre se quella notizia che stiamo leggendo potrebbe essere stata costruita a tavolino. Chiediamocelo, perché accade! Gli algoritmi che fanno funzionare social come Facebook, inoltre, sono in grado di intercettare nostri gusti, preferenze e anche opinioni: chi crea un certo tipo di contenuto falso (per guadagnare con la pubblicità grazie ai nostri click istintivi) sa già che questo sarà visualizzato sulle bacheche di chi già è propenso a credervi. Massima attenzione, dunque, soprattutto se la notizia “strizza l’occhio” a quelle che sono già nostre convinzioni.

Chi ha scritto il post?

Controlliamo l’identità della persona che scrive e il suo profilo: potrebbe essere falso anche quello e molto spesso non ce ne accorgiamo! Alcune ricerche dicono che la stragrande maggioranza degli utenti social (72-90%) non sappia distinguere tra un profilo autentico e uno fake. Eppure a volte basta leggere con attenzione nome e cognome per scoprire errori grossolani, oppure -quando si tratta di notizie condivise da siti e portali- basta farsi insospettire dai loro indirizzi “improbabili”.

Teniamo conto che facebook mette una spunta blu accanto al nome dei profili autentici e verificati.

Errori, grassetto e stampatello: le spie più comuni del fake

Se il testo contiene molti errori, se c’è un continuo utilizzo di frasi in grassetto e stampatello, dobbiamo insospettirci più del solito: gli errori spesso derivano dall’utilizzo di traduttori automatici o generatori di testo, quando non dall’ignoranza di chi scrive, mentre neretti e lettere grandi sono espedienti per attirare l’attenzione e avere i nostri click.

Le immagini: “Dove ti ho già visto?”

Sembra incredibile, ma chi crea contenuti falsi, spesso lo fa sfacciatamente usando immagini già utilizzate in precedenza per… notizie diverse! Trascinando l’immagine su Google photo spesso possiamo verificare che cosa effettivamente ritragga e a quando risalga. Possiamo notare anche se la foto è stata modificata e come. Altri strumenti utili a una rapida verifica sono il meteo e le mappe: se un fatto ci viene rappresentato in una bella giornata di sole in una periferia romana, ma poi scopriamo che è avvenuto nel mezzo della nebbia milanese, banniamo per sempre chi ce lo aveva raccontato così!