Sintesi di una sentenza del TAR Toscana
Su questo sito ci siamo già interessati della delicata questione delle tariffe dei servizi idrici con riferimento alla disciplina transitoria dell'Aeeg, approvata a seguito della consultazione promossa anche con le associazioni dei consumatori. Su questa materia è intervenuto recentemente il Tar Toscana, che si è pronunciato sul ricorso di alcuni utenti del servizio idrico e del Forum Toscano dei Movimenti per l'Acqua contro l’Autorità Idrica Toscana (ex ATO 2 Basso Valdarno) e nei confronti di Acque s.p.a., per aver continuato, dopo il referendum, ad applicare nel sistema tariffario la remunerazione del capitale investito dall’aziendanella percentuale, riconosciuta nella misura del 7% dal metodo normalizzato approvato con decreto del Ministero per i Lavori Pubblici del 1.8.1996.
Dopo il referendum, l’Assemblea consortile dell’AATO 2 ha proceduto alla revisione del piano di sviluppo tariffario del triennio 2011-2013. In particolare, ha prolungato dal 2021 al 2026 l’affidamento al gestore Acque s.p.a. della convenzione in essere ed ha stabilito un nuovo piano tariffario fondandolo sul metodo normalizzato di cui al D.M. 1.8.1996, ivi compreso il fattore di “adeguata remunerazione del capitale investito”.
Il Tar Toscana 1, riconosciuto l’interesse a ricorrere degli utenti, ha ritenuto fondato il ricorso sulla complessiva regolamentazione tariffaria del triennio 2011-2013, affermando che l’abrogazione referendaria è intervenuta sull’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 il quale ricomprende tra i criteri di determinazione della tariffa del servizio idrico integrato quello (abrogato) della remunerazione del capitale investito. Per effetto della mancata adozione del decreto ministeriale previsto dal citato art. 154, ha continuato ad avere applicazione, in forza della norma transitoria di cui all’art. 170 del d.lgs. n. 152/2006, il decreto ministeriale 1° agosto 1996, il quale, costituendo attuazione della normativa all’epoca vigente (art. 13 della legge n. 36/1994), prevedeva come una delle componenti della tariffa di riferimento anche la remunerazione del capitale investito. A tale proposito il Consiglio di Stato, in sede consultiva (sez. II, 25.1.2013, n. 267), ha recentemente chiarito i termini entro i quali l’abrogazione referendaria dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, riguardo al parametro della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, abbia inciso sul riferimento che allo stesso parametro era espresso nel decreto ministeriale 1° agosto 1996 affermando che l’esito referendario si estende necessariamente al citato D.M., nella parte riferita al criterio della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, in quanto il referendum abrogativo assume una valenza espansiva rispetto alle disposizioni normative che, pur non essendo espressamente coinvolte dal quesito oggetto della consultazione popolare, sono incompatibili con la volontà manifestata dagli elettori.
Pertanto, il criterio della remunerazione del capitale di cui al D.M. 1.8.1996, essendo strettamente connesso all’oggetto del quesito referendario, viene inevitabilmente travolto dalla volontà popolare abrogatrice (Corte Costituzionale, 12.1.1995, n. 3). Ciò appare in linea con la finalità, perseguita con il quesito referendario avente ad oggetto l’art. 154 del d.lgs. n. 152/2006, di “rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua” (Corte Costituzionale, 26.1.2011, n. 26).
In conclusione il Tar ha dichiarato che il piano tariffario, adottato sul presupposto della persistente efficacia del criterio della remunerazione del capitale di cui al D.M. 1° agosto 1996, è illegittimo nella parte riferita alla “adeguatezza della remunerazione del capitale investito” per contrasto con l’abrogazione dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006.