Pubblicità ingannevole e prodotti alimentari: si può fare di più?

1092

Alcune proposte per rendere maggiormente efficiente il sistema di prevenzione e repressione delle pratiche scorrette nel campo alimentare

 

Il seminario sul tema della comunicazione commerciale dei prodotti e degli integratori alimentari, organizzato dall’Autorità garante della concorrenza (Antitrust) e dall’Istituto per l’autodisciplina pubblicitaria (IAP) lo scorso 18 ottobre, ha rappresentato un utile momento di riflessione sull’azione svolta dai due organismi per contrastare la diffusione da parte di molte aziende di informazioni false, fuorvianti o reticenti sulla qualità dei prodotti e sulle loro proprietà.  

Nel corso degli anni la disciplina in materia di sicurezza alimentare è progressivamente migliorata, anche per impulso della normativa comunitaria; ed una specifica attenzione è stata posta proprio sulla comunicazione commerciale, affidando all’Agenzia per la sicurezza alimentare europea (EFSA) il compito di valutare la correttezza dei messaggi pubblicitari proposti dalle aziende ed assicurare così un elevato livello di tutela dei consumatori: attraverso l’adozione di regole comuni valide per tutti i Paesi si vuole anche migliorare la libera circolazione degli alimenti all’interno della comunità europea. Il lungo e complesso lavoro di analisi ha permesso di individuare un primo elenco di claim sulle proprietà salutistiche dei prodotti alimentari ammissibili,  “bocciando” invece un elevato numero di indicazioni, in quanto ingannevoli; il lavoro è tuttora in corso per le piante e gli estratti vegetali.

Utilizzando anche le regole elaborate dall’EFSA , l’Antitrust e lo IAP, ognuno per il versante di rispettiva competenza, hanno disposto negli ultimi anni l’interruzione di alcune campagne pubblicitarie giudicate ingannevoli: emerge in particolare la volontà di contrastare l’attribuzione ai prodotti di un efficacia salutistica o nutrizionale che in realtà non possiedono ovvero la loro equiparazione ai farmaci (per approfondimenti leggi la relazione di un dirigente dell’Antitrust ). Nel sito di Assoutenti analizziamo sistematicamente i casi più rilevanti con riferimento sia ai prodotti alimentari (vedi ad esempio le schede riguardanti la Barilla , il Riso Sotti , Colussi e Galbusera ), sia gli integratori (come per i prodotti di Paladin Pharma e Avantangarde e quelli della Milte Italia ); una raccolta delle decisioni dell’IAP in materia è contenuta nel Quaderno n. 2 dell’Istituto ).

C’è chi giudica largamente inadeguata la normativa e la stessa azione dei due organismi (cfr. l’intervento del direttore de Il Fatto alimentare ) criticando in particolare la lentezza delle procedure, l’insufficienza delle multe, i tanti messaggi distorti che sfuggono a qualsiasi sanzione. Si tratta di un sentimento diffuso anche tra i consumatori, in grave difficoltà nel reperire informazioni chiare e validate da soggetti imparziali: e ciò porta molte persone a ritenere insoddisfacenti le misure di contrasto ad una pubblicità invasiva che, al fine di aumentare le vendite, spesso attribuisce ai prodotti effetti benefici per l’organismo non dimostrati scientificamente oppure induce comportamenti alimentari non corretti: tanti messaggi pubblicitari sono indirizzate a soggetti con minori capacità di difesa (si pensi alle pubblicità delle “merendine” per i bambini) o molto sensibili a determinate problematiche (come per le campagne promozionali dei prodotti dimagranti rivolte alle persone con problemi di sovrappeso).

A nostro avviso, l’opera svolta dall’Antitrust e dallo IAP è molto preziosa, così come quella dei tanti organismi (pubblici e privati) che operano nel campo della sicurezza alimentare e della difesa dei prodotti di qualità (si pensi ad esempio agli sforzi enormi compiuti nei confronti del dilagante fenomeno della contraffazione alimentare ) e perciò va difesa con forza dagli attacchi di coloro che cercano di ridimensionarla con tutti i mezzi a disposizione. A tale riguardo, è importante sottolineare che le pronunce dell’Antitrust sono generalmente confermate dai giudici amministrativi, che si limitano talora a ridurre le sanzioni a carico delle aziende: è un segno inequivocabile del rigore con cui l’Autorità svolge la propria attività di monitoraggio e della validità delle argomentazioni alla base delle singole pronunce; ed è molto raro il caso in cui Tar e Consiglio di Stato accolgono i ricorsi in via cautelare delle aziende, che sono perciò comunque costrette a pagare subito la multa in attesa della decisione nel merito.

Peraltro, proprio l’importanza dei temi della sicurezza alimentare e di un’informazione volta a favorire corrette scelte nutrizionali (ben evidenziata nell’intervento di un dirigente del Ministero della salute ) impone un’ulteriore salto di qualità, al fine di rendere più efficace il sistema di prevenzione e repressione ed accrescere la consapevolezza di fasce sempre più ampie della popolazione.

Il primo aspetto concerne l’ulteriore perfezionamento delle regole della comunicazione commerciale in questo settore, da realizzare anche attraverso le opportune intese tra Ministero della salute e l’Antitrust, in modo da fornire ai consumatori informazioni chiare e, al tempo stesso, mettere le imprese nelle condizioni di evitare possibili fraintendimenti nell’interpretazione delle leggi.

Particolare attenzione va posta al tema delle sanzioni pecuniarie, che devono essere particolarmente elevate nei casi più gravi, in modo da garantire il carattere deterrente della sanzione: il recente aumento del tetto massimo delle multe (che ora possono variare da 5.000 euro ai 5 milioni di euro) consente finalmente all’Autorità di calibrarle meglio rispetto alle singole condotte, proporzionandola anche ai ricavi che una campagna pubblicitaria ingannevole ha consentito in concreto all’azienda interessata. Inoltre, in considerazione dei tempi necessariamente lunghi del procedimento (che deve comunque garantire l’acquisizione di tutti gli elementi utili alla decisione finale ed il contraddittorio con le parti) dovrebbero essere adottati più frequentemente i provvedimenti cautelari di sospensione della pratica scorretta, in particolare nei casi in cui la giurisprudenza è oramai consolidata.

Molta importanza riveste anche la c.d. sanzione “sociale”: alcune imprese, specie quelle più forti, temono più i riflessi negativi in termini di “immagine” di una pronuncia dell’Antitrust e dello IAP che la sanzione economica, che spesso può essere in qualche modo “ammortizzata”. Il motto “L’Autorità parla attraverso i suoi provvedimenti” è validissimo in un contesto in cui i mezzi di informazione danno adeguato risalto a tali pronunce: ma le rilevazioni sul comportamento dei principali quotidiani italiani (leggi i risultati di questa recente indagine ) dimostrano il contrario. Le associazioni dei consumatori svolgono un’importante opera per rendere facilmente comprensibili a fasce più ampie della popolazione i contenuti delle decisioni in materia, che devono essere però maggiormente valorizzate dagli stessi due organismi. Ad esempio, l’Antitrust tende a limitare i comunicati stampa ai soli provvedimenti in materia di tutela della concorrenza (sui quali non a caso i mezzi di informazione si soffermano maggiormente), quasi che l’attività di repressione delle pratiche commerciali scorrette sia di “serie B”. E tuttora risulta circoscritto il ricorso alla pubblicazione sui maggiori mezzi di informazione e su internet delle delibere di condanna a carico delle aziende responsabili di pratiche scorrette, già previsto dall’attuale normativa; e analoga disposizione potrebbe essere inserita anche all’interno del regolamento di autodisciplina pubblicitaria al fine di rendere maggiormente efficaci le pronunce dello IAP.

Anche le associazioni dei consumatori possono svolgere un ruolo più attivo, monitorando in modo più sistematico e coordinato la pubblicità ingannevole e le altre pratiche scorrette nel settore alimentare, facilitando così il lavoro dei due organismi attraverso un’intelligente opera di segnalazione dei casi più rilevanti: il contributo dei cittadini e degli esperti nel campo nutrizionale e della sicurezza alimentare può essere molto prezioso per innalzare la soglia dell’attenzione a queste tematiche, utilizzando in pieno le potenzialità della Rete.

C’è un ultimo aspetto che coinvolge Governo e Parlamento. Nell’ultimo anno sono state attribuite all’Autorità garante della concorrenza, proprio in virtù dell’alto livello professionale della sua struttura amministrativa, nuove importanti competenze (verifica delle clausole vessatorie, monitoraggio dei contratti nel settore agroalimentare, attribuzione del rating di legalità etc), senza però dotare l’Agcm di risorse umane e finanziarie aggiuntive: è evidente che tale scelta finisce per ridimensionare le funzioni tradizionalmente mirate a garantire il rispetto delle discipline antitrust e sulle pratiche commerciali scorrette, e non consente di esercitare in modo efficace i nuovi compiti. Ci aspettiamo anche su questo aspetto un’inversione di tendenza.

E’ bene ricordare che le misure qui delineate andrebbero a vantaggio non solo dei consumatori ma degli stessi operatori “onesti”, mettendo fuori gioco le imprese che vìolano la legge. Trasparenza nell’informazione e tutela della concorrenza, sia nel settore alimentare sia negli altri comparti, devono andare sempre di pari passo, come sottolineato nel corso del seminario anche dal rappresentante dell’UPA (Utenti pubblicitari associati).

22 ottobre 2012