Il Tar conferma il giudizio dell’Antitrust sul carattere scorretto del comportamento tenuto dalla società negli anni scorsi
Nel 2009, l’Antitrust, sulla base delle segnalazioni provenienti da alcuni consumatori e di articoli di stampa, ha preso in esame i comportamenti messi in atto tra il 2007 ed il 2009 da ACEA ATO 2, uno dei gestori del servizio idrico integrato del Lazio (che coinvolge 3,7 milioni di abitanti e 112 comuni) 1.
L’Agcm ha verificato ad Acea Ato 2 di aver interrotto la fornitura del servizio idrico in casi di morosità, senza fornire preventivamente agli utenti finali informazioni essenziali per consentire di regolarizzare tempestivamente la loro posizione (esistenza di una situazione di morosità, fissazione di un termine per regolarizzare la pratica, preavviso di distacco della fornitura ad una data individuata con esattezza).
L’Autorithy ha constatato che i casi di morosità riguardavano, in modo prevalente, i condomini; però, pur essendo questi ultimi i titolari formali del rapporto di somministrazione di acqua, è altrettanto vero che beneficiario effettivo è il singolo condomino, soggetto tenuto al pagamento delle quantità consumate e destinatario finale delle condotte commerciali dell’operatore che agisce a tutela del proprio credito. Non appare pertanto corretto – anche in considerazione del fatto che l’acqua è un bene essenziale – adottare decisioni drastiche come l’interruzione della fornitura, quando gli utenti finali sono in una condizione reale di deficit informativo e di debolezza economico-giuridica, in quanto le comunicazioni sono state rivolte prevalentemente all’amministratore del condominio.
Secondo l’Agcm, il sollecito standard ed il preavviso di distacco inviati da ACEA agli utenti morosi non contenevano informazioni adeguate; lo stesso discorso vale per la diffida inviata dalla società di recupero credito incaricata da ACEA, che non indicava neppure il termine di 20 giorni per il distacco previsto dalla normativa vigente. In alcuni casi, è risultato che ACEA ha preso in considerazione i reclami degli utenti, provvedendoli a contattare direttamente o dichiarandosi disponibile ad essere contattata, soltanto dopo l’avvio del procedimento di fronte all’Agcm e talvolta a distanza di tempo considerevole dalle richieste degli utenti interessati.
Per queste ragioni, l’Antitrust ha ritento scorretto il comportamento dell’Acea Ato 2, perché contrario alla diligenza professionale, e ha deliberato una sanzione di 150.000 euro.
La sentenza del Tar del Lazio del febbraio del 2011 ha respinto integralmente il ricorso della società 2. Il Tar sottolinea in particolare i seguenti aspetti:
– non è in discussione il diritto della società di adottare tutte le misure necessarie per recuperare i propri crediti e di sospendere la fornitura in caso di morosità accertata: però la cessazione dell’erogazione deve considerarsi una extrema ratio, ed essere preceduta da una pluralità di misure e cautele volte a informare il consumatore che, continuando la situazione di mancato pagamento delle bollette, si dovrà arrivare alla interruzione del servizio. Anche il Tar mette in evidenza che siamo in presenza di un bene essenziale per l’esistenza dell’individuo, la cui mancanza incide direttamente sull’esercizio dei diritti della persona costituzionalmente garantiti, e di un settore nel quale il professionista opera in condizioni di sostanziale monopolio;
– nel caso concreto, sono state giudicate inadeguate le modalità attraverso le quali Acea ha cercato di tutelare il rispetto del contratto: Acea doveva fornire tutte le informazioni necessarie ai singoli condomini, ai quali va riconosciuta la natura di "consumatori". Non è in discussione il ruolo dell’'amministratore del condominio nei confronti sia della società fornitrice (che dovrà inviare ad esso tutte le comunicazioni inerenti l’esecuzione del contratto) sia dei condomini: ma questi ultimi devono essere posti nelle condizioni di conoscere le ragioni, i tempi di un eventuale distacco per morosità e le modalità per evitarla. Né vale la giustificazione addotta da Acea, secondo la quale la società non conosceva i nominativi dei singoli condomini e i loro consumi: secondo il Tar la società poteva ben richiedere le generalità dei fruitori effettivi dell’acqua, ovvero individuare forme di pubblicità idonee ad informare in modo esauriente i condomini.
3 febbraio 2011