12 settembre: giornata senza sacchetti di plastica, guardando al futuro

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Sottili, leggerissimi, facilmente reperibili e in apparenza innocui, i sacchetti di plastica fanno parte del nostro quotidiano da sempre. Ma i danni che anche un solo sacchetto può fare possono sorprendere. Il consumo responsabile, la difesa dell’ambiente, la ricerca della sostenibilità sono da anni nel nostro cuore di associazione di consumatori e utenti, come abbiamo raccontato tanto su questo sito e anche nelle due edizioni della nostra EXPO Consumatori. Oggi c’è un motivo in più parlarne.

La Giornata Internazionale senza Sacchetti di Plastica

Nel 2009, l’associazione no profit Marine Conservative Society, che si occupa della tutela degli ecosistemi marini, ha scelto il 12 settembre come giornata mondiale senza sacchetti di plastica, un evento che sta acquisendo sempre più importanza e che giunge quest’anno alla 12° edizione.

Due gli obbiettivi principali della giornata:

  1. Spingere le persone ad utilizzare sempre meno sacchetti di plastica, in particolare quelli monouso, facendo comprendere l’impatto dei sacchetti sull’ambiente e sugli organismi viventi.
  2. Sensibilizzare le persone sulla mancanza di tempo: siamo infatti in corsa contro il tempo per porre un rimedio agli effetti dell’inquinamento da plastica. 

Sacchetti di plastica: tempistiche, dati e danni

Importante è precisare la differenza tra sacchetti biodegradabili e compostabili:

  • Si definisce biodegradabile un qualunque materiale che possa essere scomposto in composti chimici semplici, come l’acqua e il metano. Questo non implica necessariamente tempistiche brevi: la legge europea stabilisce che un prodotto si definisce biodegradabile se si decompone almeno del 90% in 6 mesi.
  • Compostabile significa che si tramuta in compost: il materiale, quindi, oltre ad essere biodegradabile deve trasformarsi in terriccio.

A fronte di un utilizzo medio di 25 minuti, un sacchetto di plastica può impiegare dai 100 ai 500 anni prima di decomporsi completamente. In pratica, usiamo un oggetto per poco più della metà di un tempo calcistico per poi lasciarlo sul pianeta per l’equivalente di 3-4 generazioni umane! 

Questo dato viene ulteriormente aggravato dal numero di sacchetti che, si stima, vengano usati nel mondo ogni minuto: circa 1 milione. Un quantitativo di plastica immenso, che non potrà essere sopportato ancora a lungo dal nostro pianeta e dalle creature che lo abitano.

Sono gli animali marini, in particolar modo, a pagarne le conseguenze più severe. 

Per capire la portata dell’inquinamento da plastica dei mari basti pensare che il 95% dei rifiuti presenti nel Mediterraneo sono composti proprio da questo materiale. Non solo, per comprendere ulteriormente quanto ormai la situazione rischi di essere compromessa bisogna aggiungere che, secondo uno studio realizzato dalla fondazione Ellen MacArthur, nel 2050 avremo più plastica che pesci nel mare.

Tutto ciò sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza di molti organismi e micro-organismi acquatici (e non solo), danneggiandoli irreparabilmente. 

L’inquinamento da plastica, infatti,  si è verificato così rapidamente che gli animali non sono stati in grado di adattare il loro comportamento e le loro abitudini a questo nuovo materiale. 

Molti i danni che la plastica può fare:

  1. E’ un costante pericolo per gli animali che rischiano di rimanere intrappolati dentro di essa e di subirne, di conseguenza, gravi danni. E’ tristemente noto il filmato di una tartaruga con una cannuccia di plastica incastrata dentro la narice; 
  2. gli animali spesso ingeriscono la plastica, cosa che può portarli ad una morte lenta e dolorosa;
  3. è entrata direttamente nella catena alimentare: i pesci ingeriscono grosse quantità di particelle di microplastica e quando vengono mangiati da un’altra creatura anche queste ultime vengono ingoiate. Questo processo si chiama “ ‘trophic transfer’ of microplastics” e a causa di questo la plastica entra direttamente nella catena alimentare;
  4. oltre ai danni diretti agli animali, inquina anche l’ambiente circostante creando condizioni di sopravvivenza sempre peggiori per gli animali.

C’è chi dice no

Sono passati ormai undici anni dall’istituzione di questa giornata, talmente importante da essere celebrata ben due volte! Sono in molti infatti che nel mondo scelgono di ‘onorare’ questa ricorrenza nella giornata del 3 luglio anziché il 12 settembre. 

La sensibilizzazione sull’argomento, anche grazie a questa duplice data, ha sicuramente portato a grossi passi avanti ma la paura principale è che siano troppo pochi e, soprattutto, troppo lenti. 

Che cosa può fare un singolo individuo per invertire questa tendenza? Esistono alternative ai sacchetti di plastica? Quali possono essere?

Le risposte sono più immediate di quello che si possa pensare.

Verso il futuro e oltre

Il cambiamento deve partire da noi: è necessario diminuire il più possibile il nostro consumo di plastica quotidiano e non si può dire che l’Italia non abbia cominciato a fare la sua parte.  

Il nostro paese è sempre stato in prima linea in Europa per questo genere di riforme in quanto si era già mosso contro l’utilizzo dei sacchetti di plastica sia nel 2007 che nel 2012.

Inoltre nel 2017 è stata emanata una nuova “disciplina nazionale di attuazione” della direttiva UE 2015/720 che disciplina l’uso dei sacchetti di plastica. Tale percorso di leggi  ha portato a una riduzione del 50% rispetto al 2007.

Le alternative alla plastica sono comunque tante:

  1. usare borse in stoffa, come il cotone, ci consente di evitare di acquistare ogni volta un sacchetto di plastica nuovo;
  2. la bioplastica è stata introdotta in moltissime catene di supermercati e anche altri tipi di aziende stanno cercando di convertirsi ad essa (Lego ha stanziato dal 2012  150 milioni l’anno per arrivare a sostituire la plastica entro il 2030);
  3. anche i sacchetti di carta sarebbero funzionali allo scopo.

Non solo sacchetti

Tuttavia è bene pensare non solo a sostituire i sacchetti, ma, gradualmente, tutti i tipi di oggetti in plastica che utilizziamo e gettiamo nel giro di una giornata.

La strada è lunga, difficile ma non impossibile da percorrere. Si dovrà modificare molto, a partire dal concetto di “usa e getta” che ancora oggi impera nella nostra società, e si dovrà farlo sempre più velocemente, perché la gara contro il tempo è ancora in atto ma, muovendoci tutti assieme, nel nostro piccolo, potremo ottenere risultati consistenti.

Una singola persona può non influire sul risultato finale, ma tante persone che fanno ciò che è nelle loro possibilità, accettando di cambiare il loro modo di pensare e cominciando a camminare “in direzione ostinata e contraria”, potranno cambiare e ridefinire il futuro.